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Lo stato liberale

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Lo Stato, cos'è?

Caposaldo della civiltà occidentale, lo stato liberale rappresenta meglio di qualunque altra forma l'affermazione del sistema capitalista quale modello sociale, politico, economico e culturale negli ultimi due secoli.

Al cospetto di una storia orientata allo studio di grandi eventi e grandi fratture, l'approfondimento dello sviluppo dello stato - dalle sue origine ottocentesche alle recenti trasformazioni neoliberiste - evidenzia tutti quegli aspetti che regolano realmente, e molto più dei tanti "ismi" del '900, le nostre vite.

Niente affatto scontata è la domanda, per esempio, di cosa sia lo stato, per noi europei del XXI secolo. Si può dire che è l'insieme di istituzione, da una parte, e società civile dall'altra, unite in maniera non armonica, né tantomeno riconducibile a una struttura piramidale e/o gerarchica.

Le varie parti che "formano" uno Stato:

1 - Legislatura

2 - Governo

3 - Burocrazia

4 - Amministrazione locale

5 - Magistratura

6 - Forze Armate

7 - Economia pubblica

8 - Scuole

9 - Stato Sociale

10 - Istituzioni culturali.... forse anche altro

Il rapporto del cittadino con questi elementi e il rapporto tra di loro, determina molti tipi di stato. In generale si possono individuare i 3 "rapporti" che determinano lo Stato:

a) Gerarchia elementi dello Stato

E' importante capire quanto conta all'interno dei confini territoriali il peso di alcune parti dello stati: ad esempio ci possono essere casi dove è preminente il ruolo delle forze armate (Africa e Sud America) oppure dove il potere è sbilanciato nel parlamento (Italia) piuttosto che nel governo (Gran Bretagna). Ed è utile capire anche come questi rapporti, tra potere centrale e potere locale, tra governo e magistratura si evolvono nel corso del tempo.

b) Rapporto Stato-Società civile

Considerando "società civile" tutto quello che non dipende direttamente dallo stato (rapporti sociali, produttivi, interazioni di vario tipo) il rapporto è, in pratica, la relazione tra le istituzioni e le forme di associazionismo tipiche delle società moderne, dai sindacati ai comitati, dalle organizzazioni di categoria alle lobbies di interessi. La base del rapporto è una contrattazione, spesso fatta con una parte specifica dello stato (p.e. un ministero), allo scopo di convincere della giustezza della propria posizione e strappare concessioni.

Il quadro si fa maledettamente complicato nel momento (molto frequente) in cui gli interessi contrastanti si sovrappongono: sia parti di stato che parti di società civile possono avanzare interessi contrastanti di difficilissima risoluzione. Le combinazioni che ne possono scaturire sono innumerevoli e non è stranissimo vedere parti di stato unirsi ai cittadini in rivendicazioni contro un altro potere dello Stato. Un esempio è il caso della Francia del 1958, alle prese con la crisi d'Algeria: i coloni assieme all'esercito tennero una posizione antigovernativa portando il paese alle soglie della guerra civile.

c) Rapporto economia-Stato

Non c'è dubbio che la pressione più forte sul governo sia esercitata dalla classe industriale e imprenditoriale. La posizione tipica della storiografia marxista sancisce un legame più che stretto tra élite borghese e potere politico

Marx: (...) il potere politico non è altro che un comitato d'affari

Lenin: "Lo stato è la dittatura della borghesia"

Miliband (storico): ha ragione Marx, lo stato riflette comunque la volontà borghese.

In durissima polemica con l'inglese Ralph Miliband, lo storico francese Nicos Poulantzas sostenne una più realistica "autonomia relativa" dello stato, in relazione soprattutto all'introduzione del welfare state e delle politiche fiscali progressive.


Creazione dello Stato

Si può individuare l'origine dello stato moderno come conseguenza dello sviluppo tecnologico della rivoluzione industriale e dello sviluppo giuridico-politico della rivoluzione francese e del riformismo britannico.

La distinzione dell'Ancien Regime si riassume in 4 punti:

1) Il monopolio statale delle forze armate

Prima i vari feudatari e signorotti avevano potere diretto sui loro servitori. L'ordine a livello locale era spesso autonomo rispetto all'autorità del Re.

2) Pubblica amministrazione professionale

Soprattutto nel caso inglese si registra uno straordinario stravolgimento delle consuetudini di inefficienza, corruzione e nepotismo di gestione dello stato. Il merito va in gran parte a Sir Gladstone che tra il 1850 e il 1870 introdusse, tra le altre, questa importante riforma.Su questo tema sono celebri le considerazioni di Max Weber che vede la razionalità burocratica alla base dello stato moderno.

3) Mezzi di produzione in mano ai privati

Sempre in Inghilterra il passaggio dall'economia agricola all'economia industriale avviene come trionfo della iniziativa privata: fabbriche, terreni, mercato sono gestiti interamente dalla società civile

4) Diritti universali dell'uomo

Riprendendo la brillante periodizzazione di T.H. Marshall ("Cittadinanza e classe sociale" - 1951) l'introduzione dei diritti conosce tre fasi; una prima riconducibile al '700 riguarda i diritti civili: diritti di proprietà, di assemblea, di libertà di stampa e di parola; la seconda si riferisce ai diritti politici (voto); la terza è rappresentata dai diritti sociali, ed è esclusiva del XX secolo.

Nella costituzione dello stato liberale si vedono importanti leggi di uguaglianza e libertà - si pensi soprattutto agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna - ma è altresì importante notare la parzialità di alcune leggi estese a una cittadinanza incompleta, che lascia fuori i neri, talvolta le donne, gli abitanti delle colonie.


Avevano detto

Il ruolo dello stato era, ai primi dell'ottocento in via di definizione.

Secondo i primi liberali inglesi doveva essere come "un domatore del circo", che sta fuori dallo spettacolo, sorveglia, ma non prende parte. Lo stato dirige in modo minimale quello che succede nella società. Questo almeno era l'obiettivo. Si crea una grossa differenza tra la realtà e l'illusione.

Karl Marx individua la divisione tra realtà e illusione molto bene nel testo "Questione ebraica" del 1844. In questo pamphlet si sostiene che nella società feudale la cosiddetta società civile e lo stato coincidevano.

Gli elementi della società civile (proprietà, lavoro, famiglia) erano elevati a momenti di vita statale (corporazione, signoria, villaggio). Non c'era una suddivisione netta tra momento privato e momento pubblico. La trasformazione borghese ha creato questa separazione.

I cittadini sono uguali di fronte allo stato e alla legge ma restano profondamente diversi nella società civile. L'uomo ha ora due esistenze: l'uomo politico e l'uomo economico. La rivoluzione borghese crea l'uguaglianza illusoria (politica) e la disuguaglianza reale (economica). Secondo Marx l'allineamento delle due uguaglianze è impossibile nella società capitalistica.

La questione del rapporto tra stato e società civile sarà al centro del dibattito politico per molto tempo. Vediamo alcune opinioni di "gente importante" del XIX secolo:

Secondo Thomas Paine ("Buonsenso" - 1776) lo stato doveva solo punire gli eccessi negativi commessi dall'uomo. Crede fermamente nelle capacità del libero mercato di rispondere alle richieste di felicità degli individui. "La società civile è prodotta dai nostri bisogni, e il governo dalla nostra malvagità".

Emmanuel Joseph Siéyès

Vede nella borghesia la forza trainante della società e quello che più di ogni altra va lasciata libera di agire. Anche lui, come Paine, auspica uno stato con pochi poteri. Entrambi pensano che l'uomo sia portato per natura ad una competizione pacifica, alla cooperazione, alla solidarietà. Lo stato deve ricoprire esclusivamente il ruolo di controllore.

Di opinione completamente opposta le idee di grandi pensatori dell'Ottocento:

G. W. Friedrich Hegel ("Filosofia del diritto - 1820) sostiene che lo Stato rappresenta il punto più alto dell'uomo. La società civile non è altro che una giungla, dove la competizione esalta gli aspetti peggiori dell'uomo. E' lo stato a limitare gli istinti biechi dell'uomo e a valorizzarne le virtù. La Prussia era per lui il riferimento concreto di uno stato forte e di una società civile limitata.

Alexis Tocqueville ("La democrazia in America" - 1840) espone una terza posizione, di grande attualità.

"Il tiranno maggiore - sostiene - può essere proprio lo stato democratico con troppa burocrazia e troppo controllo sulla società civile" - La legittimità guadagnata con l'elezione democratica rischia di divenire un pericoloso boomerang se il potere politico non viene controllato da una cittadinanza attiva e competente.

Come possibili rimedi individua la proliferazione delle associazioni di cittadini e l'esistenza di un esercito di leva. In generale è fondamentale il ruolo attivo della cittadinanza.

RIASSUNTO:

1 - Stato debole-società civile forte (Paine-Seyes)

2 - Stato forte-società civile debole (Hegel)

3 - Società civile attiva per evitare la dittatura dello stato democratico (Touqueville)

In particolare riguardo all'Italia è stato molto acceso il dibattito sui perché del mancato sviluppo in senso liberale dello stato postunitario. Antonio Gramsci attribuisce la responsabilità alla borghesia che ha trovato più comodo mantenere nel sud i vecchi rapporti di potere - clientelare e di favoritismi - facendo un compromesso con i grandi latifondisti meridionali. Il timido tentativo della destra storica fu accantonato definitivamente nel 1876 quando la sinistra borghese inaugurò il TRASFORMISMO abbandonando qualunque velleità riformista.

In Italia, anche nel dopoguerra, possiamo notare una strana convergenza anti-modernizzazione dell'apparato statale: da una parte la maggioranza di governo che perpetua la pratica trasformista sacrificando le riforme "liberali" alle pratiche di scambio elettorale; dall'altra una opposizione comunista e socialista (per gran parte del secolo) poco interessata al miglioramento del sistema (riforme) per sbandierare un possibile cambiamento radicale (rivoluzione).


 

Comparazioni

"Più si va ad est e più lo stato interviene direttamente" (Alexander Gerschenkron). L'affermazione è inconfutabile: in Inghilterra quasi tutta l'attività economica è in mano ai privati; in Francia le infrastrutture dei trasporti (binari, stazioni, tunnel ecc.) sono a carico dello stato, il resto è affidato a imprese private. Ma già in Italia - in una certa similitudine con il caso tedesco - lo Stato deve fare il grosso del lavoro, mentre il finanziamento è affidato agli istituti bancari.

Più ad est invece tutto è sulle spalle dello Stato: è il caso della Russia degli zar e del Giappone imperiale.

LO STATO INTERVENTISTA

Le caratteristiche di intervento statale si accentuano con la crisi del 1870, definita da Habermas "crisi di legittimità" degli anni '70-'80-'90.

Le cause della crisi sono principalmente due:

a) Espansione del movimento operaio

L'urbanizzazione, la violenza dei rapporti di lavoro nelle fabbriche e la rottura delle precedenti solidarietà di paese, produce un rapido sviluppo di movimenti di massa fortemente anticapitalistici.

Di ispirazione in gran parte marxista il movimento operaio getta sul tavolo della modernizzazione una coscienza di classe mai vista prima nella storia dell'uomo e una organizzazione politica sempre più articolata (sindacati, società di mutuo soccorso, partiti).

b) Crisi economica

Lo sviluppo industriale esaurisce la prima fase: per proseguire lo sviluppo tecnologico occorrono grandi ristrutturazioni e lo stato ha bisogno di un consenso sempre più esteso. Se non fa nulla rischia la rivoluzione.

Lo stato moderno, senza proclami altisonanti, cambia forma seguendo quattro direzioni:

1 - Intervento nell'Economia

Tramite banche e controllo dei prezzi lo Stato detta la linea al tipo di sviluppo economico che di anno in anno si dovrà fare - qualcosa di simile alle odierne leggi finanziarie.

Oppure, in alternativa, lo Stato assume a proprio carico la gestione di grandi fabbriche e di grandi imprese.

Entrambi i sistemi sono proseguiti per tutto il Novecento nei paesi europei e occidentali.

2 - Costruzione dello Stato Sociale

Dalla metà dell'Ottocento non era più possibile per la borghesia al potere dire alla classe operaia "arrangiatevi". Il rischio di un sovvertimento sociale era così forte da indurre tutti i governanti a varare, in misura naturalmente diversa, importanti dispositivi di sicurezza sociale.

La prima grande fase è legata al nome del barone Von Bismark che in Germania, nel chiaro tentativo di arrestare l'ascesa del partito dei lavoratori, creò un modello di assicurazione statale estesa a tutti i lavoratori dell'industria, copiata negli anni successivi un po' da tutti gli stati europei. Si tratta di provvedimenti per i casi di infortuni, malattia, disoccupazione e vecchiaia.

La caratteristica più evidente dell'introduzione di legislazioni sociali è l'avanzamento a balzi. Dopo il nodo del 1870-1900, gli altri balzi in avanti coincidono, non a caso, con le guerre mondiali: lo stato deve giustificare e risarcire della tragedia e dei morti che ha imposto alla popolazione.

E' la seconda guerra mondiale a segnare il grande passo verso la costruzione del welfare state come lo conosciamo oggi. Tutti i paesi maturano la convinzione dei nuovi diritti dei cittadini e, seguendo l'esempio della Gran Bretagna e del Piano Beveridge, assicurano ai cittadini europei una serie estesissima di servizi sociali.

3 - Intervento politico e ideologico

Per sopravvivere lo stato liberale ha bisogno di godere di un ampio consenso nella società, sempre più "di massa". Bisogna chiedersi come ha fatto, e come fa, lo stato a condizionare il contesto politico-ideologico dei cittadini.

La parabola dei movimenti operai dimostra chiaramente l'efficacia di questo intervento. Da un inizio di opposizione di sistema infatti, si è passati a un graduale inserimento nei meccanismi del potere fino a spaccare il fronte della sinistra, in rivoluzionari anti-sistema e riformisti che riconoscono il sistema democratico-parlamentare ma lo vogliono migliorare.

I mezzi di intervento sono stati molteplici. I più evidenti sono: il sistema educativo, il controllo dei mass media e l'attrattiva culturale verso la democrazia.

La scuola come momento di razionalizzazione e assimilazione di valori condivisi diventa una realtà con il procedere della istruzione obbligatoria. Il punto è sentito dai dirigenti, tanto che Lord Gray nel lontano 1870 ebbe a dire: "dobbiamo educare i nostri maestri" (cioè gli elettori). Sul ruolo di penetrazione psicologica e culturale ad opera dei mass media, si è consumata una sterminata letteratura sia storiografica che politica, mentre il binomio stato-democrazia - realizzato nella possibilità di votare per i governanti - garantì sempre una libertà fondamentale per capire il successo della società capitalistica.

4 - Tecnocizzazione della burocrazia

La riforma dell'amministrazione, già avviata ai primi del XIX, diventò strategica col finire del secolo. Il consenso popolare passò sempre di più dalla capacità intrusiva dello stato di agire sulla vita privata dei cittadini; spesso in maniera positiva, basti pensare alla sanità pubblica o alla educazione obbligatoria, talvolta in forme così nefaste di inefficienza e lentezza da creare alienazione del cittadino dallo stato. E' proprio il caso dell'Italia.


 

Crisi dello Stato "interventista"

Dopo il boom economico degli anni 1950 e '60 durante il quale lo stato toccò il maggior livello di integrazione con la società civile, la curva dell'impegno statale iniziò nuovamente a scendere. Perché?

1 - Fattore economico

La crisi petrolifera e la congiuntura negativa di recessione e inflazione portarono a quella che O'Connor definì "crisi fiscale dello stato". Secondo molti l'intervento così esteso e così oneroso da parte dello stato era diventato un lusso insostenibile.

2 - Crisi interna

I partiti di sinistra cedono sul terreno ideologico di fronte agli attacchi del neoliberismo più aggressivo. Il servizio pubblico, patologicamente sottoposto a critiche incrociate, risentì più di ogni altro il difficile adeguamento alle nuove tecnologie e ai nuovi ritmi di produttività. Attaccato dal versante finanziario - "troppo costoso" - e dal versante politico - "impedisce la crescita economica" - lo stato fu costretto ancora una volta a trasformare i rapporti con la società civile.

Limitandoci all'Europa e agli Stati Uniti i modelli seguiti sono stati prevalentemente due:

A - STATO NEOLIBERALE

Margaret Thatcher e Ronald Reagan, alla guida di Gran Bretagna e Stati Uniti per tutti gli anni '80, guidarono l'aggressione allo stato sociale riproponendo le stesse certezze dei primi capitalisti ottocenteschi.

Il cittadino deve "farcela da solo", lo stato deve semplicemente fare le regole e farle rispettare, l'economia deve essere liberata da "lacci e lacciuoli".

Tradotto significava una azione di privatizzazione fortissima (ferrovie, acqua, luce, gas, acciaio; in parte anche sanità e scuola); un attacco risoluto alle organizzazioni sindacali; un incremento delle forze armate e delle spese militari.

(per approfondimenti vedi sezione "globalizzazione")

B - STATO NEOCORPORATIVO

Niente a che vedere con l'Italia di Mussolini o la Spagna di Franco. La strategia seguita dai principali paesi del continente europeo per far fronte alla crisi economica senza sfasciare il welfare state, è quella di una contrattazione trilaterale tra governo (stato) e parti sociali (sindacati e imprenditori).

Il presupposto è una artificiosa riduzione della conflittualità, basata su basse richieste salariali, pochi licenziamenti e una politica di stabilità monetaria in regime di bassa inflazione.

Altre opzioni, la rivoluzione comunista o la deriva fascista, sembrano per il momento fuori da qualsiasi realistica ipotesi di ridefinizione statale.


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